La sorgente millenaria

E’ innegabile che in Sicilia l’agricoltura abbia rivestito, secolo dopo secolo, un ruolo fondamentale, se pur oggi oltremodo ridimensionato. Indirizzare il cammino verso le aree più interne della regione può offrire contrastanti sensazioni, alternate tra l’essere ammaliati dinanzi ad affascinanti paesaggi naturali e la sconsolante vista di opere umane, un tempo maestose, oggi decadenti, o nei casi peggiori quasi del tutto dissolte.
Queste molteplici riflessioni si rafforzano non appena il nostro intelletto elabora ciò che i nostri occhi vedono, un territorio assai poco contaminato da manufatti moderni, che incredibilmente, nei secoli, non ha subito mutamenti se non irrilevanti. Intere fette di paesaggio in cui riuscirebbe difficile distinguere persino salti millenari. Ancor di più quindi ricade la nostra attenzione su ciò che un tempo costituiva il centro gravitazionale dell’economia agricola del feudo, il Baglio, o ciò che ne resta, unico testimone, spesso incanutito e storpio, di questo effettivo viaggio nel tempo.

A pochi chilometri dalla città di Trapani si elevano ancora le precarie rovine di uno dei bagli più interessanti della provincia, saldamente intrecciato con la storia delle più prestigiose famiglie dell’aristocrazia siciliana. Collocato al centro di un feudo originariamente esteso per oltre ottocento ettari, le sue tracce nella storia sono percorribili sin dai tempi della dinastia berbera dei principi Hammaditi, passando per la proprietà dell’illustre Amerigo Abbate, sino alla cessione ai Carmelitani di Trapani. Dell’antico e prestigioso baglio-monastero rimangono purtroppo pochi ruderi, ma le sue ormai deboli mura custodiscono una perla inattesa e straordinaria.
Al centro della corte interna, sopra l’antico pozzo di origine araba, è ammirabile ancora la settecentesca fontana barocca attribuita ad Ignazio Francesco Marabitti, considerato il maggiore scultore siciliano della sua epoca. Incredibilmente dalla fontana sgorga oggi ancora, brioso e zampillante, un getto d’acqua che alimenta l’abbeveratoio sottostante, getto naturalmente non più originato dalla sorgente del pozzo ma meccanicamente alimentato dalle condutture moderne.
Quale che sia l’origine del prezioso liquido, è fortemente percepibile il formidabile miracolo che si origina da questa linfa vitale. Muschio, e piante, in un’esplosione vegetale che si diffonde rigogliosa con freschezza, con energia, e con prosperità. Come ammaliati dal miraggio di un’oasi solitaria, al pensiero contrapposto di questa annata agraria così siccitosa, e della grave emergenza idrica regionale, ci lasciamo inebriare dalla speranza che il nostro genoma riesca, chi lo sa, a creare ancora opere di ingegneria idraulica, e di approvvigionamento idrico, risolutive, con un acume almeno pari a quello dei nostri capostipiti di origine araba.