Il villaggio bizantino

Esercitate la respirazione, risanate i polmoni, lo sguardo, ed i sensi dalle grigie contaminazioni quotidiane.

Se sarete pronti potrete sporgervi con sacra deferenza nelle camere del villaggio bizantino del ValloneCanalotto, a pochi chilometri dal paese di Calascibetta.

Straordinario sito archeologico inserito, come tanti in questa sorprendente regione, in un contesto naturale e paesaggistico che rappresenta l’orlatura eccellente per una così preziosa opera, e come la giovane e lussureggiante edera si avvolge su tronchi secolari, così il parco naturale recinge queste rupi, scavate dall’uomo, testimoni perenni del fluire delle epoche.

Preparatevi a fluttuare fino a millecinquecento anni indietro nel tempo.

Lo staff di ExploraSicilia ringrazia I Sentieri di Gù e l’Associazione Hisn Al Giran/ Villaggio Bizantino Canalotto per la splendida opportunità.

La sorgente millenaria

E’ innegabile che in Sicilia l’agricoltura abbia rivestito, secolo dopo secolo, un ruolo fondamentale, se pur oggi oltremodo ridimensionato. Indirizzare il cammino verso le aree più interne della regione può offrire contrastanti sensazioni, alternate tra l’essere ammaliati dinanzi ad affascinanti paesaggi naturali e la sconsolante vista di opere umane, un tempo maestose, oggi decadenti, o nei casi peggiori quasi del tutto dissolte.
Queste molteplici riflessioni si rafforzano non appena il nostro intelletto elabora ciò che i nostri occhi vedono, un territorio assai poco contaminato da manufatti moderni, che incredibilmente, nei secoli, non ha subito mutamenti se non irrilevanti. Intere fette di paesaggio in cui riuscirebbe difficile distinguere persino salti millenari. Ancor di più quindi ricade la nostra attenzione su ciò che un tempo costituiva il centro gravitazionale dell’economia agricola del feudo, il Baglio, o ciò che ne resta, unico testimone, spesso incanutito e storpio, di questo effettivo viaggio nel tempo.

A pochi chilometri dalla città di Trapani si elevano ancora le precarie rovine di uno dei bagli più interessanti della provincia, saldamente intrecciato con la storia delle più prestigiose famiglie dell’aristocrazia siciliana. Collocato al centro di un feudo originariamente esteso per oltre ottocento ettari, le sue tracce nella storia sono percorribili sin dai tempi della dinastia berbera dei principi Hammaditi, passando per la proprietà dell’illustre Amerigo Abbate, sino alla cessione ai Carmelitani di Trapani. Dell’antico e prestigioso baglio-monastero rimangono purtroppo pochi ruderi, ma le sue ormai deboli mura custodiscono una perla inattesa e straordinaria.
Al centro della corte interna, sopra l’antico pozzo di origine araba, è ammirabile ancora la settecentesca fontana barocca attribuita ad Ignazio Francesco Marabitti, considerato il maggiore scultore siciliano della sua epoca. Incredibilmente dalla fontana sgorga oggi ancora, brioso e zampillante, un getto d’acqua che alimenta l’abbeveratoio sottostante, getto naturalmente non più originato dalla sorgente del pozzo ma meccanicamente alimentato dalle condutture moderne.
Quale che sia l’origine del prezioso liquido, è fortemente percepibile il formidabile miracolo che si origina da questa linfa vitale. Muschio, e piante, in un’esplosione vegetale che si diffonde rigogliosa con freschezza, con energia, e con prosperità. Come ammaliati dal miraggio di un’oasi solitaria, al pensiero contrapposto di questa annata agraria così siccitosa, e della grave emergenza idrica regionale, ci lasciamo inebriare dalla speranza che il nostro genoma riesca, chi lo sa, a creare ancora opere di ingegneria idraulica, e di approvvigionamento idrico, risolutive, con un acume almeno pari a quello dei nostri capostipiti di origine araba.

La Grotta del Garrone


Ognuno di noi possiede delle inclinazioni che, volenti o nolenti, ci portano ad osservare il mondo focalizzando l’attenzione su alcuni aspetti che, più degli altri, catturano il nostro interesse. Nella scelta di una destinazione, quindi, siamo sempre portati a preferire una meta che possa soddisfare le nostre preferenze.
Non sono molti però i luoghi che riescono a contenere, e delimitare, un patrimonio talmente variegato di risorse da poter conciliare gli interessi ambientali, naturalistici, culturali e storici.
E’ possibile localizzare una di queste aree geografiche così eccezionali a poche decine di chilometri dal centro di Palermo, dove sorge il caratteristico paese di Piana degli Albanesi. Un nucleo abitativo, incastonato, e protetto, tra il rilievo montuoso denominato Serre della Pizzuta ed il suo omonimo lago, il bacino artificiale più antico della Sicilia, simbolo di prosperità ed orgoglio della comunità. Una comunità che da seicento anni riesce a difendere, e conservare, le proprie tradizioni culturali, etniche, religiose e linguistiche, insegnando la lingua arbëreshe nelle scuole, al pari della lingua italiana o, anzi, viceversa. E’ innegabile che la conservazione di questo patrimonio culturale sia avvenuta per opera di una forte volontà, ma la collocazione geografica di Piana degli Albanesi non può che avere agevolato il distacco, e la protezione, dall’ambiente culturale, ed etnico, circostante.
Il complesso montuoso di Serre della Pizzuta divide, idealmente e geograficamente, il paese di Piana dalla fascia costiera di Palermo, e rappresenta una delle zone verdi più affascinanti della regione. Proprio sul versante che si riflette sul bacino del paese risplende uno dei diamanti naturalistici più affascinanti della Sicilia, la Grotta del Garrone, espressione magnifica di duecento milioni di attività carsica, scolpita tra le placche tettoniche, modellata all’interno della montagna, e decorata in modo sublime dalla sua corona di rarissime felci, in questa varietà presenti in Sicilia solo in pochi e delimitatissimi territori. Non importa quanto dobbiate faticare, scarpinare nel fango o nella neve, perchè le visioni più abbaglianti vi faranno sempre trascurare lo sforzo impiegato.